
Dalla VI Giornata Nazionale delle Società Benefit, tenutasi lo scorso 20 maggio, porto con me una convinzione che si fa certezza: il cambiamento è possibile, ma richiede visione. Serve immaginare un futuro e impegnarsi a costruirlo. Le Società Benefit incarnano questa possibilità concreta: nel ridefinire i propri obiettivi, rendono la trasformazione parte integrante del loro essere.
Proprio da questa radice può germogliare non solo un’evoluzione del sistema imprenditoriale tradizionale, ma una nuova economia capace di generare valore condiviso, impatto positivo e rigenerazione. In un tempo segnato da transizioni profonde, climatiche, sociali, geopolitiche, tecnologiche, siamo tutte e tutti chiamati a ripensare il nostro ruolo, a ridefinire il nostro “perché”, a chiederci quale traccia vogliamo lasciare.
Dal 2016, grazie alla Legge 208/2015, le Società Benefit sono pioniere di un paradigma imprenditoriale alternativo. Hanno dato forma a un’idea d’impresa che assume il bene comune come responsabilità statutaria, contribuendo in modo attivo alla costruzione di futuri desiderabili. In questo, incarnano lo spirito dell’SDG 17: creare alleanze trasversali tra generazioni, territori e settori, fondando nuove forme di interdipendenza.
La VI Giornata Nazionale non è stata soltanto una celebrazione. È stata una soglia: un passaggio tra ciò che si è consolidato e ciò che, con coraggio e consapevolezza, può ora prendere forma. Un tempo di bilancio, certo, ma soprattutto di rilancio. Un’occasione per interrogarsi sul senso profondo del percorso delle imprese benefit e su come renderlo sempre più trasformativo.
Con lucidità e passione, Mauro Del Barba, presidente uscente di Assobenefit, ha dato voce a una consapevolezza diffusa: le Società Benefit non rappresentano una moda o una semplice qualifica giuridica. Sono un progetto politico, nel senso più alto del termine: un laboratorio di democrazia economica dove impatto e profitto si rafforzano a vicenda. In questo spazio nuovo, l’imprenditore torna a essere attore politico, costruttore della polis, promotore di uno sviluppo sostenibile, equo e rigenerativo.
Del Barba ha tracciato un filo che lega la legge istitutiva delle Società Benefit all’Agenda 2030, agli accordi di Parigi, alla Laudato Si’. Ha ricordato che la responsabilità della trasformazione non può gravare solo sulle imprese: occorrono cittadini consapevoli e una politica capace di accompagnare, proteggere, promuovere. “I prossimi tre anni saranno i migliori”, ha dichiarato, lasciando un’eredità di fiducia, visione e determinazione.
Il cambiamento, infatti, non è automatico. Richiede intenzionalità, capacità di visione e impegno quotidiano. Le Società Benefit hanno dimostrato di essere pioniere non per una differenza formale, ma per visione: nel momento in cui trasformano i propri obiettivi, integrano strutturalmente l’idea stessa di trasformazione. È da questa consapevolezza che può nascere anche l’evoluzione delle imprese non benefit.
Viviamo in una stagione segnata da crisi interconnesse, ambientali, sociali, democratiche, tecnologiche, che ci spingono a ridefinire le fondamenta dell’agire economico. In questo contesto, il modello Benefit rappresenta una risposta concreta, capace di unire idealità e pragmatismo. È un movimento in continua evoluzione, che non solo intercetta il cambiamento, ma lo guida, alimentando un progetto collettivo orientato al bene comune.
La giornata del 20 maggio ha segnato un passaggio simbolico e sostanziale: il rinnovamento della governance di Assobenefit, ma soprattutto un salto di maturità collettiva. Si è percepita una nuova consapevolezza: il tempo della legittimazione è finito. Ora è il momento di assumere pienamente la responsabilità di essere protagonisti del cambiamento.
Le Società Benefit non sono un’utopia normativa, ma un progetto trasformativo. Un laboratorio di innovazione democratica, dove l’impresa si riscopre soggetto generativo, capace di orientare la rotta, di costruire alleanze, di prendersi cura. In un tempo in cui cresce la sfiducia nelle istituzioni e la frammentazione sociale, soprattutto tra i giovani, le imprese – quando ben orientate – possono offrire direzione e possibilità.
Le esperienze condivise nel corso della giornata hanno messo in luce che la capacità rigenerativa delle imprese passa da una nuova cultura della governance, del rischio, della responsabilità. Le imprese sono organismi vivi, multigenerazionali, capaci di affrontare l’incertezza e rispondere con resilienza, soprattutto se guidate da uno statuto chiaro e da una rendicontazione trasparente.
Una cosa è certa: il cambiamento non può essere delegato solo alle imprese. Serve una cittadinanza attiva, e una politica all’altezza delle sfide. Ma le imprese possono fare molto. Possono colmare vuoti, generare innovazione, tenere insieme cura e crescita, impatto e profitto. Possono – se lo vogliono – dimostrare che la prosperità condivisa è possibile, a patto che si costruisca insieme, con metodo e coraggio.
A quasi dieci anni dall’approvazione della legge, le Società Benefit non sono più una nicchia, ma un segnale forte e anticipatore. Ora è il tempo del consolidamento, ma anche dell’ambizione. Come ci è stato ricordato, i prossimi tre anni potranno essere i migliori, se sapremo metterci al servizio della trasformazione collettiva, se resteremo fedeli allo spirito originario che unisce Laudato Si’, Agenda 2030 e visione imprenditoriale. E se continueremo a costruire alleanze generative e visionarie.
Oggi, le Società Benefit non si limitano a “fare bene”. Si impegnano a fare il bene. Ed è questa, in fondo, la radice più autentica di ogni vera innovazione.