
La valutazione di impatto sociale (VIS) ha assunto un ruolo decisivo nel nuovo scenario normativo del Terzo Settore: non più mero strumento metodologico, ma criterio giuridico e amministrativo per la selezione dei progetti a rilevanza nazionale. L’atto di indirizzo del Ministero del Lavoro (Avviso 2/2025) recepisce e rafforza il percorso avviato con il DM 23 luglio 2019, che ha fissato modalità e criteri di misurazione degli effetti generati dagli Enti del Terzo Settore (ETS).
Perché la valutazione di impatto è una scelta di sistema
Il passaggio dall’approccio volontario alla previsione normativa riflette una scelta di sistema: l’impatto sociale si afferma come strumento essenziale per garantire che le risorse destinate al Terzo Settore siano impiegate in modo efficace, trasparente e coerente con la finalità di interesse generale.
Valutare l’impatto significa, infatti:
- rendere visibile il valore aggiunto generato dagli ETS;
- rafforzare la fiducia tra enti, comunità e istituzioni;
- orientare i finanziamenti verso interventi realmente trasformativi, ovvero assicurare che i progetti non si limitino a erogare servizi, ma producano cambiamenti duraturi a livello sociale, economico e culturale.
In questo senso la VIS si pone in coerenza con le raccomandazioni europee (13287/23), che la individuano come condizione necessaria per lo sviluppo dell’economia sociale e per il rafforzamento delle politiche pubbliche.
Economia civile e Agenda ONU 2030: un’alleanza per il bene comune
L’introduzione della VIS come criterio giuridico può essere letta anche alla luce dei principi dell’economia civile, che interpreta l’attività economica come luogo di relazioni, fiducia e cooperazione, in grado di generare beni comuni oltre che beni privati.
Integrare la valutazione di impatto con i principi dell’economia civile significa:
- orientare i progetti non solo all’efficienza, ma alla generatività sociale;
- considerare il valore delle relazioni di fiducia, che costituiscono capitale sociale e precondizione per uno sviluppo sostenibile;
- rafforzare la capacità degli ETS di contribuire al raggiungimento degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (SDGs) dell’Agenda ONU 2030.
Infatti, la VIS ben strutturata permette di misurare come gli interventi degli ETS incidano su obiettivi globali quali la lotta alle disuguaglianze (SDG 10), la riduzione della povertà (SDG 1), l’istruzione di qualità (SDG 4), il lavoro dignitoso (SDG 8), la coesione sociale e le partnership per gli obiettivi (SDG 17).
In questa prospettiva, la valutazione diventa un ponte tra la dimensione locale degli interventi e gli impegni globali di sostenibilità.
Le dimensioni della valutazione di impatto
Le Linee guida ministeriali del 2019 definiscono la valutazione come processo articolato in cinque fasi (analisi del contesto, definizione obiettivi, scelta metodologie, attribuzione di valore, comunicazione dei risultati). A queste fasi si affiancano le dimensioni di analisi, ovvero le aree su cui si misura concretamente l’impatto.
Tra le dimensioni più ricorrenti nelle prassi nazionali ed europee si evidenziano:
- Dimensione sociale: inclusione, coesione comunitaria, partecipazione civica, pari opportunità;
- Dimensione economica: occupazione creata, sviluppo di competenze, sostenibilità economica delle attività;
- Dimensione ambientale: uso responsabile delle risorse, riduzione delle esternalità negative, rigenerazione dei territori;
- Dimensione istituzionale: qualità delle relazioni con enti pubblici e privati, governance partecipativa, accountability;
- Dimensione culturale ed educativa: diffusione di conoscenze, cambiamenti negli stili di vita, innovazione sociale.
Questi domini permettono di andare oltre la rendicontazione numerica e di restituire una visione multidimensionale dell’impatto, coerente con l’idea di valore integrale promossa dall’economia civile.
Conclusioni
La scelta del Ministero del Lavoro di inserire la valutazione di impatto tra i criteri giuridici segna un punto di maturazione normativa: l’impatto non è più accessorio, ma requisito sostanziale per l’accesso alle risorse.
La sfida è duplice:
- evitare che la VIS degeneri in adempimento burocratico;
- farne uno strumento di apprendimento e generatività, capace di coniugare rigore metodologico e valore relazionale.
In questa prospettiva, i principi dell’economia civile offrono una chiave per rendere la valutazione di impatto non solo un esercizio tecnico, ma un processo di costruzione del bene comune, capace di contribuire agli obiettivi globali dell’Agenda ONU 2030 e di rafforzare il ruolo del Terzo Settore come attore di sviluppo sostenibile, equo e inclusivo.






